Intervista ad Antonio Scurati: Storytelling per tutti
Durante i MomClass del 24 Maggio, Antonio Scurati ci parlerà di Storytelling. Antonio Scurati è ricercatore in Cinema, fotografia e televisione alla IULM di Milano, docente di creative writing e membro del Centro studi sui linguaggi della guerra e della violenza.
“Ogni volta che una persona parla, racconta la propria storia”, sosteneva Hannah Arendt.
La diffusione di internet ha esteso enormemente il gesto fondamentale della narrazione. Questo workshop risalirà alle fonti dell’atto del racconto cercando l’ispirazione in alcuni maestri dell’arte narrativa e concentrandosi sull’intreccio tra scelte di vita e modi di raccontare se stessi e il mondo.
Noi gli abbiamo fatto alcune domande, per chiedergli di raccontarci brevemente in cosa consisterà il suo MomClass.
1) Storytelling spiegato a mia nonna: come lo diresti?
Nessuno meglio delle nonne sa, o sapeva, cos’è lo storytelling. Si tratta di una sapienza antichissima, trasmessa oralmente per secoli proprio dai membri anziani della tribù. Quel sapere che consisteva nell’arte di mettere il mondo in forma di racconto, per convincere, ammaestrare, consigliare, consolare o placare.
2) Penso di avere un’idea geniale e voglio raccontarla: come faccio a capire se ne sono capace e se la mia narrazione può essere avvincente?
Intanto comincerei con il prendere consapevolezza del fatto che non esistono idee geniali. Non in questo campo. Intendo dire che non c’è storia che non sia stata già raccontata almeno un migliaio di volte. Anzi, se non lo è stata, vuol dire che non è una buona storia. Credo comunque che sia una preoccupazione sbagliata quella di anteporre le ipotetiche reazioni o risposte del pubblico al desiderio di raccontare (cioè chiedersi: piacerà, catturerà il pubblico, etc. etc.). L’arte – o il professionismo, se si preferisce – comincia, certo, quando uno introietta nel proprio racconto l’ipotetico lettore o uditore come sua funzione o parte integrante. Altrimenti si rimane nell’ambito di scritture private o monologhi con se stesso. Ma la pietra su cui edificare l’edificio della propria narrazione rimane l’urgenza o la necessità di raccontare ciò che si racconta. Se si rimane nell’arbitrio, nel capriccio, nella gratuità, non si va lontano.
3) García Márquez scriveva: Vivere per raccontarla. Per raccontare storie, occorre avere una vita eccezionale?
No. La forma letteraria propria dell’età moderna, nella cui coda noi ancora oggi ci dibattiamo, è il romanzo e il romanzo nasce proprio da questa mossa rivoluzionaria: non si ritengono più degne di racconto soltanto le vite straordinarie degli eroi ma si stabilisce che ogni esistenza, anche la più ordinaria, la più umile, è materia narrativa degna di occupare mille pagine di un racconto. E la si prende sul serio quell’esistenza ordinaria (anche, e forse soprattutto, quando la si racconta in chiave comica).